Le umbrella reviews sono lo strumento di analisi statistica più avanzato e più preciso a disposizione per mettere in chiaro i fattori associati ad una probabilità aumentata o diminuita di un fenomeno, patologia, o meccanismo, ripulendoli dai probabili eventuali fattori confondenti che spesso sono responsabili di risultati contrastanti.

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Proprio allo scopo di analizzare e organizzare i dati provenienti dalla vasta mole di studi prospettici disponibili, in modo da definire meglio i rapporti tra incidenza di T2DM e consumo di prodotti di origine animale, uno dei gruppi italiani più influenti nella ricerca e nella clinica del T2DM, quello dell’area di Diabetologia del Policlinico Universitario Federico II di Napoli, ha recentemente pubblicato una revisione sistematica con umbrella review delle meta-analisi dei vari lavori prospettici (come quelli riportati nella tabella 1) [13], allo scopo di definire meglio le raccomandazioni più appropriate di consumo di alimenti di origine animale, da parte della popolazione per la prevenzione del T2DM.

Al momento le umbrella reviews sono lo strumento di analisi statistica più avanzato e più preciso che abbiamo per mettere in chiaro i fattori associati ad una probabilità aumentata o diminuita di un fenomeno, patologia, o meccanismo, ripulendoli dai probabili eventuali fattori confondenti che spesso sono responsabili di risultati contrastanti.

Alla fine del processo di selezione dei lavori, gli autori hanno incluso ben 13 meta-analisi di studi prospettici che indagavano le associazioni tra incidenza del T2DM e consumo di prodotti animali: carne (20 studi), carne rossa (31 studi), carne bianca (10 studi), carne trasformata (36 studi), pesce e prodotti della pesca (41 studi), uova (22 studi); per quanto riguarda i prodotti lattiero caseari sono stati inclusi 23 studi.

Tra questi si è potuto distinguere tra prodotti interi (16 studi) e prodotti a ridotto contenuto di grasso (17 studi); 12 studi riguardavano il consumo di latte, 11 di formaggio, 13 di yogurt. I risultati sono schematizzati in Tabella 2, nella quale si può vedere anche la estrema numerosità del campione che aumenta enormemente la forza statistica del lavoro.

Risulta evidente che non tutti gli alimenti di origine animale sono associati con un aumentato rischio di diabete. Infatti, mentre esiste un rischio costantemente aumentato per il consumo di carne, soprattutto per quello che riguarda le carni rosse e trasformate (salumi), il consumo di latticini in totale, con particolare riguardo a quelli a basso contenuto di grassi, latte e yogurt, è associato al contrario ad un ridotto rischio di T2DM.

Uova e pesce non mostrano invece alcuna correlazione con l’incidenza del T2DM (Tabella 2). Intanto come si può vedere, se pure con numeri diversi, le tabelle 1 e 2 esprimono i medesimi andamenti in termine di protezione o rischio.

In particolare, il consumo di 100 g al giorno di carne nel suo complesso induce un forte aumento di rischio di diabete (20%). Questo rischio è sostenuto dalle carni rosse che inducono un aumento del 22% e dalle carni trasformate (salumi), il cui consumo nell’ordine di 50 g al giorno, aumenta il rischio del 30%.

I meccanismi ipotizzati sono molteplici: in particolare le carni rosse e i salumi sono fonti importanti sia di colesterolo, che di acidi grassi saturi (SFA), capaci di indurre un’infiammazione cronica di basso grado che a sua volta può contribuire a una ridotta sensibilità all’insulina [14].

Un altro meccanismo, che appare più probabile, riguarda il contenuto di ferro eme, più elevato nei salumi, che può esercitare il suo ruolo inducendo stress ossidativo e perossidazione lipidica, nonché modificazioni proteiche e danni al DNA [15, 16].  Nei salumi, inoltre, è presente sodio in elevata quantità e in molti prodotti di questo gruppo sono presenti in maniera più o meno importante nitrati e nitriti, i quali, interagendo con le ammine a livello gastrico, possono contribuire al danno delle cellule beta pancreatiche e aumentare lo stress ossidativo e l’infiammazione [17]; il sodio può invece indurre disfunzione endoteliale, che a sua volta peggiora la sensibilità all’insulina [18].

Il consumo di carne bianca è anch’esso associato a un aumentato rischio di T2DM, ma in grado minore e questo può essere se non del tutto, almeno in parte spiegato dalla diversa composizione nutrizionale della carne bianca che contiene meno grasso, tra l’altro con profilo più favorevole, oltre che una minore quantità di ferro eme.

Nessuna associazione significativa è stata trovata per il consumo di pesce fino a 100 g/giorno, che tra l’altro è una quantità molto alta (circa 5 porzioni a settimana).  È invece stato riscontrato un dato che è degno di essere approfondito, vale a dire che l’associazione tra diabete e consumo di pesce è neutra, tuttavia per un consumo di circa 50 g al giorno si osservava una diminuzione di rischio nelle popolazioni asiatiche e al contrario un aumento del rischio tra quelle europee/americane.

I dati su cui gli autori hanno lavorato non permettevano la distinzione tra i diversi prodotti del gruppo e nemmeno di indagare se pesce grasso e pesce magro avessero un effetto differente. Resta quindi un campo degno di ulteriori approfondimenti.

Anche per il consumo di uova l’associazione si è dimostrata neutra, sebbene ci sia una elevata eterogeneità tra gli studi e la qualità delle prove è stata quindi classificata come bassa.

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Autore: PROF. ANDREA GHISELLI, Medico Internista, Presidente SISA – Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione

 

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