È un tipico esempio pratico di “squilibrio” di genere: nella maggior parte delle situazioni familiari, le donne sono le persone più impegnate su vari fronti.

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Negli Stati Uniti il 70% lavora fuori casa, di cui il 50% si occupa contemporaneamente dei bambini e dei lavori domestici. In Italia non sono disponibili dati recenti, ma sicuramente non siamo lontani. L’effetto fisiologico di questo superlavoro è l’aumento del cortisolo, l’ormone dello stress prodotto dal surrene: nei momenti di maggior tensione, determina l’innalzamento della glicemia e dei grassi nel sangue, nonché la liberazione di catecolamine che aumentano la pressione sanguigna e alterano il ritmo sonno-veglia.

Particolarmente insidioso è, però, lo stress cronico che porta a sviluppare forme di arteriosclerosi legate all’ipertensione, debilita il sistema immunitario e facilita l’aumento di peso (specialmente nella regione addominale). A quest’ultimo punto potrebbero essere più esposte le donne poiché, avendo un sistema di regolazione emotiva più complesso degli uomini, sono più portate all’uso del cibo come “comfort food” per abbassare lo stress.  

I latticini per contrastare lo stress  

Tra i cibi amici del benessere psicofisico ci sono latte e formaggi che, grazie al loro particolare mix di micro nutrienti, rappresentano un alleato prezioso quando lo stress prende il sopravvento: sono ottime fonti di triptofano, che stimola la produzione di serotonina; di vitamina B2 e zinco, indispensabili per combattere l’irritabilità, nonché di calcio che ha un ruolo rilassante sul sistema nervoso e muscolare. Oltre ad attivare la secrezione di neurotrasmettitori come dopamina e serotonina, efficaci per contrastare l’ansia, i latticini innescano la produzione dell’acido-amminobutirrico (GABA) dall’effetto rilassante. A questo si aggiunga che durante la digestione della caseina si formano le caseomorfine, ovvero particolari sostanze in grado di diminuire lo stato di nervosismo e irritabilità: agiscono sui recettori oppioidi del cervello, regalando un’immediata “gratificazione cerebrale” che induce una naturale e gradevole sensazione di benessere e piacere.

Uno studio effettuato presso l’University of Michigan ha aggiunto un ulteriore tassello, scoprendo che a innescare il fenomeno dell’appagamento psicofisico è anche la presenza di una certa quota di grassi tipica dei formaggi.  

Le donne e la sindrome premestruale  

Le statistiche dicono che ne soffrono otto donne su dieci. In maniera variabile. Anche se chi più chi meno, tutte le donne avvertono i cambiamenti e i disagi che il corpo subisce ogni mese. Colpa dell’impennata ormonale – in cui si alternano estrogeni e progesterone – che causa un aumento del liquido interstiziale, provocando i gonfiori alle gambe, la tensione a seno e ventre, e l’aumento di peso. L’azione del progesterone, in particolare, influenza tutte le altre molecole di segnale (leptina, grelina ecc.) aumentando l’appetito e la voglia di carboidrati.

A complicare la situazione ci si mette la tendenza alla depressione dovuta all’aumento delle monoamminossidasi (Mao) nel cervello che provocano una diminuzione di serotonina deputata a tenere alto l’umore. Ci sono poi l’irritabilità e gli scatti d’ira causati da una minor produzione di endorfine. Le tante donne che soffrono di sindrome premestruale devono, purtroppo, fare i conti ogni mese con le ripercussioni che questa situazione ha sullo stile di vita e i rapporti interpersonali.  

I latticini nella sindrome premestruale  

Una dieta corretta può ridurre l’intensità di questi disturbi perché da una parte promuove il drenaggio dei tessuti e dall’altra aiuta a ridurre l’ansia e il malumore. Una lunga ricerca su questa patologia ha coinvolto 1000 donne affette da sindrome premestruale e 2000 donne senza questa problematica, di età compresa tra i 27 e i 44 anni, ottenendo dati interessanti per quanto riguarda l’approccio dietetico.

Nello specifico, si è dimostrato che una maggiore assunzione di alimenti ricchi di vitamina D diminuisce del 41% i sintomi tipici.  Risultati analoghi si sono ottenuti con l’assunzione di calcio: le consumatrici abituali di alimenti ricchi di calcio (in media 1283 mg al giorno), hanno mostrato un’insorgenza di problematiche premestruali inferiore del 30% rispetto alle donne che seguivano una dieta povera di calcio (in media 529 mg al giorno). I ricercatori suggeriscono, pertanto, di integrare nella dieta quotidiana le corrette quantità di alimenti, per assumere giornalmente almeno 800 mg di calcio e 5 mcg di vitamina D. Entrambe queste sostanze sono contenute in latte, yogurt e formaggi, anche in versione scremata.

Non a caso, tra le sostanze consigliate nel trattamento della sindrome premestruale per un effetto positivo su gonfiore, dolore, sintomi affettivi e carb craving, ci sono gli integratori alimentari di calcio, al dosaggio di 1.000-1.200 mg/die, somministrati nella fase luteale per 3 cicli consecutivi.  

Le donne e la menopausa  

In questa fase della vita il corpo vive grandi cambiamenti. Già a partire dalla peri-menopausa, le ovaie producono meno ormoni femminili. Conseguentemente, il grasso superfluo, che prima si formava su fianchi e cosce, ora si concentra prevalentemente sul ventre e la zona centrale del corpo, come accade per gli uomini. Dal punto di vista metabolico, in alcuni casi si instaura la cosiddetta ‘resistenza insulinica’ che spinge l’organismo a trasformare facilmente le calorie introdotte in grassi.  La diminuzione del tasso di estrogeni fa aumentare l’appetito, ma a questo si aggiunge anche un approccio diverso con il cibo che diventa un modo per colmare il disagio psicologico e i tipici sbalzi di umore che caratterizzano questo delicato momento di vita delle donne.

Già dopo i 40 anni, e via via in maniera lenta e progressiva, le spese energetiche dell’organismo diminuiscono e la massa grassa tende parzialmente a sostituire quella magra. Risultato? Anche se si consumano le stesse quantità di cibo di qualche anno prima, si ingrassa più facilmente.  

I latticini nella menopausa 

Sull’importanza del calcio proveniente dai latticini per le ossa si è già parlato nel paragrafo dedicato all’osteoporosi. Dati interessanti arrivano anche da vari studi che rivelano la relazione tra dieta e menopausa precoce, quest’ultima associata a un maggior rischio di malattie cardiovascolari e osteoporosi. Un recente lavoro scientifico basato su 30 anni di raccolta dati su 120 mila donne tra i 25 e i 49 anni, suggerisce che il consumo adeguato di latticini potrebbe aiutare a prevenire la menopausa precoce.

I risultati ottenuti dimostrano che le donne con la più alta assunzione di calcio hanno il 13% in meno di probabilità di andare incontro alla menopausa prima dei 45 anni. Una ricerca condotta dall’University of Massachusetts Amherst School of Public Health and Health Sciences e dall’Harvard University ha aggiunto un ulteriore tassello: alti livelli di vitamina D nella dieta hanno ridotto la possibilità di una menopausa precoce del 17%. I latticini sono tra le migliori fonti di calcio e vitamina D, insieme a verdure come cavoli e rucola, pesci grassi come sardine, sgombro e salmone, e uova.  

Autore:

SAMANTHA BIALE, nutrizionista e giornalista

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