Il ruolo della supplementazione di prodotti lattiero-caseari nei soggetti anziani: lo studio
Un intervento nutrizionale di prodotti lattiero-caseari è un’azione di prevenzione che coniuga l’efficacia di un intervento preventivo a quella di un intervento terapeutico.
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Nell’invecchiamento, il declino progressivo delle capacità cognitive e della massa muscolare porta ad una progressiva perdita dell’indipendenza, che spesso è responsabile della necessità di ricorrere al ricovero in case di riposo per anziani. Proprio le case di ricovero per anziani, di carattere privato e/o religioso, sono state il campo sperimentale del primo lavoro che esamineremo in questo numero.
Un lavoro enorme [8] su oltre 7000 australiani di età media di 86 anni. Le strutture sono state divise in maniera randomizzata in un braccio nel quale è stato effettuato l’intervento nutrizionale e un altro è servito come controllo. Entrambi i bracci erano costituiti da individui comparabili per parametri densitometrici, metabolici o demografici ed erano selezionati inoltre coloro che avevano alti livelli di vitamina D, proprio per escludere l’effetto sulla fragilità ossea di una sua carenza.
L’intervento è consistito in una fornitura supplementare di prodotti lattiero-caseari che hanno portato l’apporto di calcio a 562 ± 166 mg al giorno di calcio e 12 ± 6 g al giorno di proteine raggiungendo un apporto totale di 1142 ± 353 mg di calcio al giorno e 69 ± 15 g al giorno di proteine (corrispondenti a 1,1 g/kg di peso corporeo al giorno). Le 30 strutture di controllo hanno mantenuto i loro menu abituali, con un consumo di 700 ± 247 mg al giorno di calcio e 58 ± 14 g al giorno di proteine (che corrispondevano a 0,9 g/kg di peso corporeo).
Gli individui partecipanti allo studio, sia nel braccio “controllo” che nel braccio “intervento”, sono stati seguiti per un periodo di due anni. Prima di presentare i risultati occorre sottolineare che la supplementazione di prodotti lattiero-caseari nel braccio intervento è stata in grado di favorire il raggiungimento del fabbisogno medio di calcio per la popolazione australiana [9] e il superamento del fabbisogno medio di calcio stabilito dai LARN [10] per la popolazione italiana, rispettivamente di 1100 e 1000 mg al giorno.
Per ciò che riguarda le proteine, il quantitativo raggiunto con la supplementazione era in grado di raggiungere, e nel caso delle donne anziane superare, l’assunzione raccomandata per la popolazione australiana (1.07 e 0.94 grammi per chilo al giorno rispettivamente per maschi e femmine). Per il LARN non è stabilita un’assunzione raccomandata per questa fascia di età, ma un obiettivo nutrizionale per la prevenzione, pari a 1,1 g per chilo al giorno.
Quindi in buona sostanza le assunzioni di calcio e proteine raggiunte con la supplementazione sono in grado di soddisfare le raccomandazioni per nutrienti, sia australiane che italiane. Ciò premesso, e doveroso per poter riportare le conclusioni anche alla popolazione italiana, i risultati hanno dimostrato con forte evidenza che la supplementazione era in grado di dimezzare le fratture di testa del femore in pochi mesi (entro i primi cinque mesi dalla supplementazione) e di diminuire (11%) le cadute nel giro di due mesi dall’inizio della supplementazione. Il rischio di fratture generale, quindi comprensivo delle fratture di testa del femore e di quelle di altre sedi, era ridotto di un terzo (33%). Nessuna differenza tra i due gruppi era tuttavia dimostrabile per quanto riguarda la mortalità generale.
In un sottogruppo di soggetti nei quali sono stati rilevati i parametri biochimici (189 persone), si è osservata una significativa riduzione del riassorbimento osseo nel gruppo di intervento, mentre nessun cambiamento si è potuto ravvisare nel gruppo di controllo, già ad un anno. In entrambi i gruppi non sono stati rilevati cambiamenti nell’apposizione di nuovo osso, per cui probabilmente il diminuito rischio di fratture era attribuibile ad una protezione dell’osso da parte dei prodotti lattiero caseari, più che maggiore capacità di apporre nuovo osso.
Questo è un ulteriore supporto che smentisce alcune ipotesi, mai supportate da fatti, secondo le quali il consumo di prodotti lattiero-caseari, attraverso un non bene identificato meccanismo di acidificazione, possa comportare una demineralizzazione dell’osso. Qui i dati sono assolutamente chiari e indicano che il consumo di latticini inibisce significativamente il normale progredire del rimaneggiamento osseo.
La riduzione del rischio di cadute e il rallentamento della progressione della fragilità ossea possono essere attribuibili all’aumento dell’IGF1 nel gruppo di intervento. Non solo, il gruppo sottoposto a intervento aveva una mineralizzazione dell’osso in tutti i distretti analizzati (colonna lombare, collo del femore, radio e tibia) significativamente maggiore del gruppo di controllo.
Nel gruppo di controllo si è osservata una diminuzione della massa magra appendicolare e ciò rinforza la raccomandazione che nell’anziano sia auspicabile un apporto proteico superiore (1,1 g per chilo di peso corporeo e più) per prevenire il catabolismo proteico e preservare o aumentare la massa muscolare. La sarcopenia è infatti una delle condizioni che fragilizza l’anziano, rendendolo, oltre che maggiormente suscettibile a malattie infettive, anche meno stabile nella deambulazione. Il peso corporeo si è mantenuto stabile nel gruppo di intervento, mentre il gruppo di controllo ha perso peso, sia come massa magra (0,3 g di diminuzione della massa magra appendicolare) sia come massa grassa (0,8 g).
La maggior parte degli interventi per la riduzione del rischio di frattura si attua attraverso terapia farmacologica di pazienti con osteoporosi, in quanto ad alto rischio di frattura. È un intervento che conferisce un grande beneficio individuale (poche persone hanno bisogno di essere trattate).
Tuttavia, dicono gli autori, la prevenzione delle fratture in un piccolo numero di persone ad alto rischio non riduce l’onere delle fratture nella comunità. Ebbene, in questo lavoro gli autori dimostrano che la riduzione del rischio di cadute e di fratture, così come il tempo di intervento necessario all’ottenimento del risultato, sono simili a quanto può essere ottenuto attraverso una potente terapia farmacologica antiriassorbitiva per il trattamento di persone ad alto rischio a causa dell’osteoporosi.
Il carico di malattia per le fratture ossee nella popolazione deriva dal vasto numero di persone con fattori di rischio che conferiscono un modesto rischio individuale ma un alto rischio collettivo. Ad esempio, la maggior parte delle fratture da fragilità nelle comunità si verificano tra le donne con osteopenia perché costituiscono il segmento più ampio della comunità, al di sotto dei livelli raccomandati. Questa inadeguatezza nutrizionale conferisce un piccolo rischio attribuibile all’individuo ma rappresenta una grande frazione del rischio attribuibile.
Quindi un intervento nutrizionale con prodotti appetibili, ampiamente disponibili, a basso costo e quindi facile da applicare, è in grado di comportare un’importante riduzione del rischio di cadute e fratture nella popolazione anziana e agisce come strumento di prevenzione, che coniuga quindi l’efficacia di un intervento preventivo a quella di un intervento terapeutico.
Autore: PROF. ANDREA GHISELLI, Medico Internista, Presidente SISA – Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione
Bibliografia
1. Purtroppo i questionari utilizzati per questo studio non erano in grado di valutare la quantità perché non c’erano riferimenti alle porzioni, per cui è possibile avere informazioni sulla sola frequenza.
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4. Wyskida, M., K. Wieczorowska-Tobis, and J. Chudek, Prevalence and factors promoting the occurrence of vitamin D deficiency in the elderly. Postepy Hig Med Dosw (Online), 2017. 71(0): p. 198-204.
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Un semplice intervento nutrizionale con prodotti lattiero caseari comporta un’importante riduzione del rischio di cadute e fratture nella popolazione anziana. Un’azione di prevenzione che coniuga l’efficacia di un intervento preventivo a quella di un intervento terapeutico.