Agosto, tempo di vacanze ma anche di riflessioni.

L’occasione nasce da una recentissima indagine di AstraRicerche condotta su 2000 italiani di età uguale o superiore ai 15 anni e che ha avuto come oggetto i nuovi trend degli stili alimentari nel nostro paese. Prendendo spunto da questo sondaggio, vediamo quali sono le nuove tendenze e come si posizionano nei confronti della sana alimentazione.

Cosa è emerso dall’indagine

Complessivamente, siamo di fronte ad un radicale ‘giro di boa’ della popolazione italiana ultra14enne, vicina ormai ai 51 milioni di persone: ciò lascia pensare che il futuro avrà caratteristiche in parte diverse rispetto all’inizio di questo secolo/millennio. Tra i mega trend identificati:

il ritorno alle cose basilari: la nostra società appare in regresso, con revisione dei modelli di consumo e recupero

accelerato di elementi della rassicurante tradizione. Anche nell’alimentazione è netta la riconversione dall’eccessivo al sobrio, tramite ritorno alle materie prime, agli ingredienti, ai cibi, alle preparazioni classiche semplici, affettivizzate, talora povere, orgogliosamente nostrane, spesso di minor costo/prezzo;

la domanda di semplificazione: le difficoltà economico-sociali, la crescente incertezza, la “malattia del futuro”, la diffusa depressione collettiva, il dominante disagio esistenziale, la sensazione di perdita di controllo sulla propria vita spingono alla ricerca di una minor complessità, di una scarnificazione per risparmiare tempo e denaro;

la domanda di qualità costante: alla domanda di qualità elevata (e spesso costosa) viene sostituendosi la domanda di buona qualità stabile nel tempo, sempre identica, non incerta o variabile, rassicurante.  La costanza viene vissuta/richiesta quale assenza di rischio e quale garanzia di persistente/riconoscibile “personalità” del prodotto;

il trionfo della nuova cultura alimentare: nella crisi si consolida la silenziosa rivoluzione dell’ultimo decennio: gli italiani vogliono sempre mangiar bene, ma “bene” non vuole più dire solo in modo gustoso ma – per un’inedita maggioranza – anche in modo sano. La felicità dichiarata dei nostri connazionali non è più legata solo alle grandi mangiate e/o alla raffinatezza dei cibi (anche popolari) ma pure alla loro valenza salutare (non medicale!);

l’alimentazione come prevenzione: il rifiuto del razionalismo persecutorio dei ‘dietologi sadici’, dell’enfasi sul dovere a scapito del piacere, sulla drammatizzazione dei rischi a breve termine (connessi a cibi e bevande assunti) si scontra con il triplice bisogno maggioritario di serenità, positività, allegria (a partire proprio dall’alimentazione). Quel che si afferma, invece, è la valorizzazione del cibo e delle bevande come buoni per la salute, se assunti in quantità non esorbitanti ed entro un regime alimentare variegato ed equilibrato. Il desiderio collettivo è quello del passaggio dalla fase del ‘cibo che ammala’ a quella del ‘cibo che previene’;

la domanda di positività non ansiogena: le ricerche mostrano l’impennarsi della benevolenza per un approccio all’alimentazione non sever, non minaccioso, non doveristico, non iperdietetico.  In un contesto psicoculturale negativo (recente passato, presente, prossimo futuro) le proposte e specialmente la loro comunicazione (pubblicità, confezione, consigli/ ricette, ecc.) sono preferite non razional-doveristiche ma serene, rassicuranti, ‘calde’, felicitanti. Anche i ritmi della comunicazione devono essere ora più lenti, meno eccitati, meno connessi alla fretta e al conseguimento di prestazioni elevatissime: la gran parte dei consumatori (in particolare delle consumatrici) privilegia vivere con lentezza o comunque con ritmi non frenetici.

Quali consigli per la “dieta”?

Una alimentazione più “sobria” non è necessariamente meno valida dal punto di vista nutrizionale, anzi può essere vero il contrario, a patto che la sobrietà si traduca nel dare giusto spazio agli alimenti fondamentali (ortaggi e frutta, cereali e derivati, latte e derivati, carne pesce uova legumi, grassi da condimento) con contenimento degli “extra” (dolciumi, bibite, snack dolci o salati, aperitivi etc.).

Anche il ritorno alla tradizione e alla semplicità non può che essere visto positivamente in un paese come il nostro che ha dato origine alla dieta mediterranea che potrebbe diventare presto patrimonio dell’Unesco, e che a noi per primi converrebbe riscoprire nel suo vero significato.

È importante, però, che la semplicità non si traduca in monotonia: la varietà, infatti, è un requisito basilare della sana alimentazione.

Ben vengano quindi ingredienti e sapori semplici ma attingendo ad un’ampia varietà di alimenti a cominciare dalla verdura e dalla frutta.

Riguardo, poi, alla dieta buona ma anche sana, non c’è nulla di meglio, a patto di informarsi per sapere cosa realmente significa “salutare” senza farsi fuorviare dai pregiudizi o dalle false credenze. A questo scopo, strumenticome le linee guida per una sana alimentazione (www.inran.it) sono di grande utilità. E non meno importante risulta la lettura delle etichette.

In questo contesto, i prodotti lattiero caseari si inseriscono particolarmente bene anche grazie alla loro ampia tipologia capace di soddisfare tutte le esigenze, comprese quelle di chi, volendo ridurre calorie e grassi, preferisce rivolgersi ai prodotti più magri, fino a quelle di chi, invece, desidera aggiungere alle importanti caratteristiche del latte anche quelle di ingredienti “funzionali” (come probiotici, prebiotici, acidi grassi omega 3).

Per finire, anche un approccio più sereno e meno doveristico nei confronti del cibo è un dato positivo. Gustare un pezzetto di burro spalmato sul pane o qualche quadretto di cioccolato oppure soddisfare il palato con un risotto al gorgonzola o con la salsiccia può essere, per chi lo desidera, una di quelle piccole gratificazioni che aiutano a sentirsi meglio: l’importante è saperle dosare.

Anche nel caso dei bambini, se da un lato vanno sempre proposte ampie varietà di scelte salutari, dall’altro vanno però anche evitati atteggiamenti troppo rigidi, come le proibizioni o la divisione in alimenti “buoni” o “cattivi”.

Lo confermano vari studi, fra cui uno piuttosto “curioso”, condotto nei Paesi Bassi e recentemente pubblicato nella versione on line della rivista scientifica Appetite (2).

Per vedere fino a che punto i divieti possano far aumentare il desiderio verso un certo cibo, alcuni ricercatori hanno messo a confronto tre gruppi di bambini: al primo è stato vietato il consumo di dolci, al secondo quello della frutta mentre al terzo non è stato imposto alcun divieto.

Ebbene, nella successiva sessione di assaggio si è osservato che i bambini ai quali erano stati vietati i dolci ne mangiavano di più rispetto a quelli che non avevano ricevuto divieti e lo stesso accadeva anche nel caso della frutta per i bambini ai quali era stata vietata.

Insomma, proibire un alimento è il modo migliore per renderlo attraente!

Bibliografia

(1) Murphy MM, Douglass JS, Johnson RK, Spence LA. Drinking flavored or plain milk is positively associated with nutrient intake and is not associated with adverse effects on weight status in US children and adolescents J Am Diet Assoc. 2008 Apr;108(4):631-9

(2) Jansen E, Mulkens S, Emond Y, Jansen A. From the Garden of Eden to the land of plenty Restriction of fruit and sweets intake leads to increased fruit and sweets consumption in children. Appetite. 2008 Apr 22.

Autore: Carla Favaro