Basta digitare “latte” su un motore di ricerca web per trovare, tra i primi risultati, siti di dubbia natura, non aderenti alla realtà scientifica, ma molto abili a usare argomenti e parole chiave che colpiscono l’attenzione e contribuiscono alla formazione dell’opinione di un pubblico poco competente e facilmente suggestionabile.

Le argomentazioni addotte sono generalmente tanto pretestuosamente quanto abilmente costruite ad arte per gettare discredito sul latte e i prodotti derivati.

Tralasciando le teorie che accampano le motivazioni più risibili (un esempio per tutti: il latte non è altro che pus), pare interessante, e soprattutto utile, dedicare questo numero de L’Attendibile al commento di alcuni tra i più ricorrenti… “miti”.

Su “cui prodest” tanta e mirata disinformazione, dedicheremo un prossimo numero.

 

di ANDREA GHISELLI

dirigente di ricerca del CRA, Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura

 

MITO

L’uomo è l’unico animale che BEVE latte dopo lo svezzamento, perché LA NATURA VUOLE CHE DOPO QUESTA FASE DELLA VITA SI PERDA LA CAPACITA’ DI DIGERIRE IL LATTOSIO.

LA PERSISTENZA DELLA LATTASI è FRUTTO DI UNA MUTAZIONE, QUINDI NON NATURALE.

 

VERITÀ

PER L’UOMO, BERE LATTE è un fatto naturalissimo: la selezione naturale.

L’Uomo (ma il principio vale per tutti gli esseri viventi) è il risultato di infinite mutazioni genetiche che in milioni di anni hanno trasformato un tubicino vermiforme che nuotava nel mare, prima in un pesce, poi, pian piano, in un mammifero che dopo altre mutazioni genetiche si è distaccato dalle scimmie, ha perso il pelo, è cresciuto in statura, ha aumentato la capacità cranica, schiarito la pelle, inventato la scrittura e i siti web… peccato che non sempre usi correttamente gli strumenti di cui dispone.

L’evoluzione biologica è una proprietà inevitabile degli organismi viventi. La riproduzione porta a cambiamenti ed errori: le mutazioni. Le mutazioni vantaggiose sono relativamente poche e quelle utili che si sono manifestate in passato sono state fissate dalla selezione naturale e fanno parte di noi.

Uno dei più grandi genetisti del mondo – Luca Cavalli Sforza – ha scritto: “un esempio importante di una mutazione vantaggiosa che si è presentata nel corso dell’evoluzione umana recente è la capacità di utilizzare il lattosio da adulti”. [1]Quando l’uomo, partendo dall’Africa, ha “invaso” gli altri continenti, adattandosi alle differenti condizioni ambientali, la selezione naturale ha privilegiato chi aveva la pelle più chiara e la capacità di digerire il latte anche da adulto, così da approvvigionarsi di vitamina D e di calcio anche dove la radiazione solare è poco intensa. [2]

E se alcuni sostengono che non è vero, bere latte è infinitamente più naturale che bere una “naturalissima” bevanda a base di soia o di riso. Costruita in laboratorio partendo da idrolisati proteici, vitamine aggiunte e un pizzico di additivi di vario tipo, per cercare di imitare – senza successo – quel che la natura ci mette a disposizione ogni giorno: il latte.

 

***

 

MITO

Il latte umano HA UNA COMPOSIZIONE DIVERSA DA QUELLO VACCINO. HA UNA QUANTITA’ INFERIORE DI PROTEINE PERCHE’ IL RITMO DI CRESCITA DELL’ESSERE UMANO E’ INFERIORE A QUELLO DI UN VITELLINO.

 

VERITÀ

QUESTA AFFERMAZIONE VIENE SPESSO UTILIZZATA PER RINFORZARE, IN UN LETTORE POCO ACCORTO, L’INNATURALITA’ DI BERE LATTE.

La concentrazione delle proteine del latte di una specie è ovviamente in funzione del fabbisogno proteico dell’animale in accrescimento. Un vitello consuma una quantità di latte equivalente a circa il 10% del proprio peso, mentre la quantità raccomandata di latte per un uomo adulto è equivalente a circa 3 millesimi del proprio peso. Due ordini di grandezza in meno, quindi assolutamente irrilevante.

Nessun alimento della nostra dieta ha una composizione simile a quella del latte materno.

Se il termine di paragone fosse questo, perché non chiedersi se la coscia del pollo che stiamo mangiando sia più o meno simile al latte di donna o se lo siano il seitan, il tofu e i semi di sesamo?

Comunque certamente lo sono molto meno del latte vaccino. 

Autore: ANDREA GHISELLI

Comitato scientifico

 

BIBLIOGRAFIA

1.  Cavalli Sforza, L. and F. Cavalli Sforza, Evoluzione genetica e culturale, in Treccani.it2010.

2.  Cavalli Sforza, L. and F. Cavalli Sforza, Chi siamo: la storia della diversità umana. 1993, Milano: Saggi Mondadori.

3.  Fenton, T.R. and A.W. Lyon, Milk and acid-base balance: proposed hypothesis versus scientific evidence. J Am Coll Nutr, 2011. 30(5 Suppl 1): p. 471S-5S.

4.  Sette, S., et al., The third National Food Consumption Survey, INRAN-SCAI 2005-06: major dietary sources of nutrients in Italy. Int J Food Sci Nutr, 2013. 64(8): p. 1014-21.

5.  Soedamah-Muthu, S.S., et al., Milk and dairy consumption and incidence of cardiovascular diseases and all-cause mortality: dose-response meta-analysis of prospective cohort studies. Am J Clin Nutr, 2011. 93(1): p. 158-71.

6.  Aune, D., et al., Dairy products and the risk of type 2 diabetes: a systematic review and dose-response meta-analysis of cohort studies. Am J Clin Nutr, 2013. 98(4): p. 1066-83.

7. Soedamah-Muthu, S.S., et al., Dairy consumption and incidence of hypertension: a dose-response meta-analysis of prospective cohort studies. Hypertension, 2012. 60(5): p. 1131-7.

8.  World Cancer Research Fund/American Institute for Cancer Research. Food, nutrition, physical activity, and the prevention of cancer: a global perspective. Washington, DC: AICR. 2007.

9.  Ferlay, J., et al., Cancer incidence and mortality patterns in Europe: estimates for 40 countries in 2012. Eur J Cancer, 2013. 49(6): p. 1374-403.

10.  Available from: http://www.inran.it/646/tabelle_di_composizione_degli_alimenti.html?alimento=&nutriente=CALCIO&categoria=tutte&quant=100&submitted1=TRUE&sendbutton=Cerca.

11.  Heaney, R.P., et al., Bioavailability of the calcium in fortified soy imitation milk, with some observations on method. Am J Clin Nutr, 2000. 71(5): p. 1166-9.

12. Sampson, H.A., Update on food allergy. J Allergy Clin Immunol, 2004. 113(5): p. 805-19; quiz 820.

13.  Nicklas, T.A., et al., Self-perceived lactose intolerance results in lower intakes of calcium and dairy foods and is associated with hypertension and diabetes in adults. Am J Clin Nutr, 2011. 94(1): p. 191-8.

14. Dougkas, A., et al., Associations between dairy consumption and body weight: a review of the evidence and underlying mechanisms. Nutr Res Rev, 2011: p. 1-24.

15.  Wang, H., et al., Longitudinal association between dairy consumption and changes of body weight and waist circumference: the Framingham Heart Study. Int J Obes (Lond), 2013.

16. Pfeuffer, M. and J. Schrezenmeir, Milk and the metabolic syndrome. Obes Rev, 2007. 8(2): p. 109-18.