Formaggi e dieta: i grassi
Formaggi e dieta sono un’accoppiata davvero deleteria? Esiste qualche tipo di formaggio non grasso? Qual è la correlazione tra colesterolo e formaggio?
Per quanto riguarda i grassi, la comunità scientifica ed il pubblico li identificano generalmente come la controparte negativa dei prodotti lattiero caseari. I colpevoli? Colesterolo ed acidi grassi saturi (7).
Formaggi e dieta: il problema delle “fonti”
Riguardo al primo, però, in contrasto a quanto osservato nella maggior parte dei modelli animali di aterosclerosi, il colesterolo alimentare non sembra aumentare il rischio di malattia cardiovascolare nella maggioranza del genere umano (7).
Dal canto loro, anche gli acidi grassi saturi sono attualmente oggetto di grande dibattito, tanto che gli esperti si interrogano persino su quella raccomandazione di limitarne il consumo a non più del 10% delle calorie totali giornaliere, ritenuta uno dei pilastri della dieta per la riduzione del rischio di malattia coronarica.
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Infatti, l’aver focalizzato l’attenzione solo sugli acidi grassi saturi ha portato a non tenere nella dovuta considerazione la fonte alimentare da cui essi provengono e che potrebbe, invece, avere un ruolo di rilievo.
Lo suggerisce fra gli altri un recente studio prospettico che si è posto l’obiettivo di valutare la relazione fra apporto di acidi grassi saturi da fonti alimentari diverse (formaggio, burro, alimenti vegetali e carni) e rischio cardiovascolare (8).
Dall’analisi dei risultati è emerso che un elevato apporto di acidi grassi saturi da latte e derivati era associato con una riduzione del rischio cardiovascolare, mentre accadeva il contrario per gli acidi grassi saturi provenienti dalla carne (8). In particolare, la sostituzione del 2% dell’energia proveniente da acidi grassi saturi della carne con il 2% dell’energia proveniente da prodotti lattiero caseari, era associata con una riduzione del rischio cardiovascolare del 25% (8).
Non è emersa alcuna associazione fra rischio cardiovascolare e acidi grassi saturi derivanti da latte e burro e da fonti di origine vegetale, anche se va precisato che i range di consumo erano stretti (8).
Ma allora non sarebbe forse meglio che i consigli relativi agli acidi grassi saturi tenessero conto anche degli alimenti dai quali provengono? È uno degli interrogativi che si sono recentemente posti alcuni autorevoli esperti.
Cosa dicono gli esperti?
A proposito dei prodotti lattiero caseari, ribadiscono come negli studi epidemiologici non ci siano solide evidenze che un loro più elevato consumo sia associato con il rischio cardiovascolare, mentre esistono dati che supportano l’effetto benefico dei prodotti lattiero caseari sul rischio di diabete di tipo 2 (9).
Poiché mancano studi di intervento sull’effetto dei prodotti lattiero caseari sul rischio cardiovascolare e di diabete, il ruolo degli acidi grassi saturi provenienti da latte e derivati necessita di essere investigato (9).
Tuttavia, complessivamente appare sempre più convincente che per predire gli effetti di un alimento sulla malattia cardiovascolare sia più importante la sua totalità rispetto al suo solo contenuto di grassi: per esempio gli effetti degli acidi grassi saturi del formaggio sui livelli di lipidi circolanti potrebbero essere controbilanciati dal loro contenuto in proteine, calcio o altri componenti (9).
In ogni caso, che esista una discrepanza fra le attuali raccomandazioni relative agli acidi grassi saturi e quanto sta emergendo dalla letteratura scientifica disponibile, è un messaggio che emerge chiaro anche da altri autori (10,11).
Autore: Carla Favaro